Siamo partiti il 12 marzo, con un piccolo volantino fatto in casa, come del resto tutto il lavoro fin qui realizzato… Un invito a scrivere, con metodo, pazienza e ascolto: il metodo viene dai corsi di scrittura di osservazione che da quasi quindici anni ho sperimentato e messo a punto nella conduzione di laboratori di drammaturgia: molto in Paolo Grassi, ma prima e dopo con le persone che hanno condiviso, a tratti o con continuità, questo percorso di lavoro.
La pazienza, qualità indispensabile di ogni allenamento al fare, si sposava in questo caso anche con la situazione di sosta (di chiusura) forzata che le misure di contenimento del contagio da corona Virus – covid 2019 imponevano a tutti noi.
L’ascolto, condizione necessaria per ogni forma d’attenzione – agli altri, all’altro, al proprio fare, a noi – sembrava porsi come linea guida di questa maratona di scritture.
Scritture, al plurale, perchè gli strumenti, la disciplina, le aspettative dei partecipanti erano inevitabilmente diverse. E tutte meritevoli d’attenzione.
C’è chi ha scritto e riscritto, seguendo con fiducia le indicazioni che venivano da me, che ero per molti di loro una perfetta sconosciuta, così come molti di loro lo erano – e ancora lo sono! – per me, che ora però ora conosco molto bene le loro cartoline… Altri hanno scritto una cartolina di adesione, mandato messaggio nella bottiglia, fissato un pensiero, più spesso un sentimento, una immagine da questa clausura che si faceva sempre più lunga… Qualcuno ha provato, qualcuno ha lasciato, qulcuno si è inserito di corsa, quasi fuori tempo massimo, qualcuno ha pensato di dare un seguito tutto personale alla maratona, qualcuno ha scoperto che la relazione con la scrittura poteva ridefinire le aspettative iniziali; una partecipante me l’ha chiesto: “ … e lei? Quali sono le sue aspettative?”
La risposta è complessa, più facile dire cosa sogno: creare un coro… un coro di persone lontane e diverse, accomunate dal fatto di vivere, ciascuno a suo modo, in luoghi diversi, una identica condizione “storica” di solitudine e spaesamento, e che in questa situazione non rinunciano a dire, non abdicano alla parola.
Siamo Settanta, per dirla epicamente (da Bagnacavallo, Villanova, Glorie, Faenza, Ravenna, Forlì, Imola, Castel San Pietro, Bologna, Brisighella, Villafranca, Lugo, Alfonsine, Fossolo, Santarcangelo… Milano, Padova, Roma, Palermo, Lastra a Signa, Brescia, Cagliari, Belluno, Sassari, Napoli, Genova, Savona, Montichiari, Bari… e località rimaste sconosciute… ), possiamo contare su un manipolo di fiancheggiatori e portiamo con noi settecentosedici cartoline…
Per ora sono tutte nel mio computer, domani, quando potrò comprare la cartuccia, saranno fogli sul mio pavimento, poi, mappe in Bottega, alla ricerca di una forma che le faccia vivere oltre l’emergenza, così quando ci incontreremo, sapremo trovare il nostro posto e da lì raccontare e raccontarci cosa è successo, cosa ci è successo. Grazie. (Renata Molinari, Villanova, 8 maggio 2020)